“Quann a aùst nun stai vestùt, viern ‘nguoll t’è venùt”

Foto: Itiner s.n.c. da ProntoIschia

Foto: Itiner s.n.c. da ProntoIschia

Oggi, proprio oggi, regola vorrebbe che l’isola d’Ischia si riempia di turisti, quelli che normalmente ci piacciono meno e non solo per la loro estrazione geografica, ma perché contribuiscono alle due settimane topiche di sovraffollamento e di conseguente, selvaggia antropizzazione dei nostri 46 kmq.

Tuttavia, la situazione è chiara a tutti: finora c’è stata meno gente, ma tanta in meno! Se ne sono accorti tutti, commercianti in primis. Gli effetti del terremoto dello scorso anno, ma anche il clima di maggior serenità che è tornato ad ammantare molte delle località turistiche potenziali concorrenti, stanno tornando a ridistribuire le presenze degli amanti del mare lungo le coste europee e tra il nord Africa e il Medio Oriente.

Un vecchio detto ischitano recita così: “Quann a aùst nun stai vestùt, viern ‘nguoll t’è venùt“. La traduzione letterale di questo aforisma molto difficile da scrivere in dialetto invita ad essere previdenti nell’abbigliamento, perché da agosto all’inverno il passo è breve, ma il suo significato “commerciale” è un altro, per giunta facilmente applicabile a questo post: Ischia cercherà di accumulare un po’ di fieno in cascina in questi venti giorni che, solitamente, portano ottimi incassi a fronte di tanta fatica e di scarsa vivibilità, per affrontare al meglio gli effetti della bassa stagione. Ma un attimo dopo, se non da subito, vanno studiate e ridisegnate le strategie in modo unitario (quelle che mancano da sempre, insieme all’unità d’intenti)! Un vero e proprio atto dovuto per affrontare adeguatamente i nuovi, implacabili orientamenti del mercato turistico. Prima che sia troppo tardi, come sempre.

Buon ferragosto a tutti!

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Fiero, fuori dal marcio.

consiglio continental

Sono stato eletto Consigliere Comunale di minoranza, nel 2007, dopo aver svolto per quattro anni la funzione di Assessore nell’Amministrazione in cui ero stato eletto.
Ho svolto il mio compito con la correttezza e la linearità degne di un ruolo istituzionale conferito dal popolo, cercando di essere propositivo anche quando, sistematicamente, risultava inutile, ma disdegnando ogni forma di pur paventato “inciucio” che snaturasse il mandato ricevuto dalle urne.
Ho subito ritorsioni allucinanti sul piano personale, politico e professionale, di cui ancora oggi pago lo scotto, ma ho avuto le spalle forti, ho tenuto duro e ho difeso e tutelato la mia dignità di uomo, di amministratore pubblico e di professionista.
Ho terminato il mandato consiliare restando al mio posto per l’intero quinquennio, non senza difficoltà, ma con assoluta coerenza, mentre altri preferivano passare dall’altra parte della barricata dando vita al famoso caularone.
Ancora oggi, dopo sei anni, sono fiero della mia scelta di aver lasciato la politica locale. E sono convinto che anche altri, presto o tardi, capiranno che in questo sistema marcio, fortemente sostenuto dalla gente comune di un paese in agonia, non c’è spazio per le persone perbene!

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Nuova legge elettorale e al voto.
Cui prodest?

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Nei commenti agli eventi politici di ieri pomeriggio, ho notato con dispiacere le osservazioni di amici e conoscenti (non assimilabili alla categoria dei “leoni da tastiera” per le loro conoscenze in campo politico e giuridico e per una formazione culturale indubbiamente superiore alla media) lasciatisi sopraffare dalla passione di parte e improvvisamente ignoranti l’obiettiva realtà dei fatti.
Vedere il M5S al Governo, al di là della speranza di ridimensionarne il successo populista che da ieri, invece, continuerà a salire, avrebbe rappresentato per me una situazione realmente difficile da accettare. Tuttavia sono convinto che la posizione del Presidente Mattarella -non solo ieri, ma anche in altri frangenti delle ultime consultazioni- sia stata a tratti contraddittoria e sia culminata in una forma di ingerenza tutt’altro che dovuta.
Un Presidente della Repubblica non può dichiarare di tener conto della volontà popolare e della “richiesta di cambiamento” emersa dal voto, per poi malcelare la difesa dei soliti (e ormai insostenibili) equilibri della “Europa che conta” dietro la difesa dei risparmiatori e degli investitori.
Nel ricordare ad autorevoli, compiacenti opinionisti di caratura nazionale che anche Matteo Renzi, come sarebbe capitato a Giuseppe Conte, è stato Presidente del Consiglio dei Ministri senza essersi mai neppure seduto in Parlamento e con una competenza giuridica tutt’altro che consistente, ritengo che il voto di marzo abbia bocciato, ineluttabilmente, un certo professionismo della politica rivelatosi, nell’ultimo ventennio, tutt’altro che infallibile da destra a sinistra, chiedendo a gran voce un forse improbabile ma più che auspicabile CAMBIAMENTO. Negarlo sulla base di un veto ad un futuro Ministro che non trova conforto né nell’art. 92 della Costituzione né nell’esito delle consultazioni, con un accordo (quello tra Lega e M5S) che avrebbe garantito senz’alcun dubbio la certezza della maggioranza in Parlamento, ha rappresentato uno schiaffo alla gente comune e alla tanto invocata ma sempre più calpestata democrazia.
Adesso, ammesso che si riesca a formare un Governo d’emergenza, con Cottarelli o con chiunque altro, si cambi subito la Legge Elettorale in vista del voto in autunno, consapevoli comunque che il comportamento -a mio avviso indifendibile- di questo Presidente della Repubblica potrebbe tranquillamente ripetersi. In barba al popolo sovrano e a un Paese che di tutto avrebbe abbisognato, tranne di altri cinque mesi di vuoto istituzionale e di nuove elezioni.
(photo: antimafiaduemila.com)
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Campionato che va, campionato che viene.

De Laurentiis e Sarri

Maurizio Sarri che s’inchina sotto la curva B, le lacrime di Christian Maggio davanti al pubblico che avrebbe voluto onorarlo come avrebbe meritato nella sua probabile “ultima” dopo dieci anni a Napoli, un campionato che finisce con una qualificazione Champions conquistata con larghissimo anticipo, ma con l’amaro in bocca di aver mancato, ancora una volta, quel maledetto obiettivo che stavolta era veramente a portata di mano, oltre a una serie di partenze più o meno certe che stravolgeranno -nel bene o nel male- gli equilibri della squadra verso la prossima stagione.

Facile andare a rispolverare i miei post di inizio campionato e di fine mercato di riparazione, per poi giungere sempre alla stessa, fatidica domanda: quest’anno che in Champions ci siamo già e non abbiamo spareggi da disputare, quanta voglia ha veramente Aurelio De Laurentiis di investire concretamente in un progetto vincente, anziché continuare a galleggiare in quell’orbita europea che garantisce un forte contributo al sanissimo bilancio della società, ma non porta certo a poter competere adeguatamente verso le vittorie finali?

Il campionato 2017-2018 è terminato con questa breve ma efficace sintesi, che ancora una volta ci porta ad un’estate di calciomercato senza particolari certezze; al pari di un futuro che, per chi conosce il modus operandi consolidato dei vertici della nostra squadra del cuore, non lascia presagire granché di diverso da quanto abbiamo già avuto modo di assaporare negli anni precedenti.

Chi vivrà vedrà, amici. Ma d’ora in avanti con i piedi ancor più saldi per terra. Perché non è questo il calcio che ci piace!

 

(photo: voce.com.ve)

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Buffon e la ferocia preannunciata:
di chi aver paura?

foto rigore madrid

Ho condiviso volentieri su Facebook, l’altroieri, un testo meraviglioso del blogger napoletano Maurizio Zaccone, che con grande dovizia di particolari poneva in evidenza gli enormi e precisi colpi di zappa sui piedi che Gigi Buffon si è inferto con le sue stesse parole nel dopo-partita di Real Madrid-Juventus. Uno spettacolo indecoroso, una figura a dir poco barbina, inaccettabile da un atleta del genere a fine carriera e, soprattutto, a mente fredda; inaccettabile, a differenza della comprensibilissima reazione a caldo che ne ha provocato l’espulsione, vista la tensione dopo una gara del genere, almeno quanto l’atteggiamento di quei giornalisti compiacenti che gli hanno dato inspiegabilmente ragione. Simpaticissima, invece, la battuta di Crozza: “Se tutti gli arbitri che finora hanno fischiato rigori ingiusti allo scadere a favore della Juve avessero realmente un bidone della spazzatura al posto del cuore, in Italia avremmo risolto il problema della raccolta differenziata”.

Chi mi conosce sa che in Europa io tifo Italia, pur essendo profondamente anti-juventino. Questa volta, nella gara d’andata, ho fatto un’eccezione, provato dalle inenarrabili contumelie subite ad opera dei miei tanti amici Gobbi. E dopo lo 0-3 di Torino, tutto mi sarei aspettato, tranne di poter assistere a una prova di carattere e tatticamente ineccepibile della Juventus a cui i Blancos hanno risposto con un atteggiamento di inspiegabile sufficienza che stava per costargli carissimo.

Tuttavia ho una mia opinione ben precisa sul finale di Madrid: il rigore per il Real c’era tutto e non è certo colpa dell’arbitro se Benatia ha deciso di intervenire in maniera così scomposta su Vazquez. Chiunque, e più di tutti gli stessi juventini che a certe decisioni simili sono storicamente abituati da protagonisti attivi, si fosse visto negare un penalty del genere, avrebbe pianto in cinese per i successivi dieci anni. E questo è accaduto anche a Buffon e compagni, oggi novelli sostenitori di quel VAR che tanto disprezzavano, ma che intanto hanno -finalmente anche loro- un rospo durissimo da digerire, sebbene senza alcun torto nei fatti.

Intanto, il calcio va avanti. E tutti, in particolare noi tifosi del Napoli (ma non escluderei quelli del Milan, visto che affronteranno i Gobbi nella finale di Coppa Italia di maggio), siamo sempre più curiosi di scoprire quanto e, soprattutto, in che modo, come anticipatoci dallo stesso Buffon, si manifesterà la ferocia in Italia di questa Juve ferita dal “disonore” di una così bruciante eliminazione in Champions League. Saremo tutti molto attenti, più che spaventati! Nella speranza che lo sia anche l’ufficio inchieste…

(foto: leggo.it)

 

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