Purtuallo o… cos’altro?

E’ una malattia. La gente ha smesso di pensare, di provare emozioni, di interessarsi alle cose; nessuno che si appassioni o creda in qualcosa che non sia la sua piccola, dannata, comoda mediocrità.

Questo pensiero non è mio, ma è come se lo fosse! E chi è solito leggermi o avere a che fare con me nelle tipiche discussioni accademiche quotidiane lo sa perfettamente. Il mio fraterno amico Fabrizio Fiorito me lo ha estratto da “Revolutionary road” di Richard Yates, autore statunitense del secolo scorso.

Se ne avete voglia, provate a fermarvi un po’ a riflettere e, Ve ne prego, aiutatemi a trovare un buon motivo per confutare la dannata attualità di quest’affermazione, coniata nel lontano 1961.

Tantissimi amici continuano a rivolgermi il più classico dei “ma chi cacchio te lo fa fare a tornare in politica, dopo nove anni in cui sei stato tranquillo tra lavoro, famiglia e hobbies?”. Hanno perfettamente ragione, lo so; e proprio per questo sto ancora seriamente riflettendo sull’opportunità di scendere in campo in prima persona ovvero limitarmi a fare da guida, se lo vorrà, a chi ha voglia di impegnarsi per Ischia alle prossime elezioni. Una cosa è certa: la mia vita è stata sempre caratterizzata da scelte mirate ad allontanarmi da quell’aurea mediocritas che non mi è mai appartenuta e che, ancora oggi, credo non mi appartenga e, soprattutto, non credo di meritare. Essere derubricato a mo’ di agrume in quella massa popolare che non pensa, non si emoziona, non sogna, non ha interessi né passioni e non crede in nulla più di quanto lo riguardi strettamente proprio non mi va giù. E se per altri è facile sopportare quel maledetto “simme tutte purtualle”, io lo rifiuto tanto quando mi dicono che “la politica è sporca è chi la fa si sporca” ma tanto oggi, momento più comodo per omologarsi agli altri concittadini-arance e chiamarsene fuori piuttosto che pensare di ritornare e dimostrare di essere, magari, un agrume diverso.

E Voi, che agrume pensate di essere?

(da IL DISPARI del 31 ottobre 2021)

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