Michele Rossena: lo psicoterapeuta e l’isola felice

Ripropongo volentieri l’editoriale in esclusiva per TgIschia.it del Dott. Michele Rossena (nella foto). Uno scritto che mi ha colpito per la sua puntualità e profondità e che va senz’altro oltre il suo status di analista e, al tempo stesso, amante/frequentatore/conoscitore dell’isola d’Ischia e di tanti Ischitani. Leggerlo fa bene, specie nell’auspicio di ritrovare quella giusta dose di orgoglio ischitano di cui, oggi più che mai, avremmo fortemente bisogno.

Michele Rossena | Sgomento, incredulità, sbigottimento. E tanta rabbia. Passano i giorni: non cambiano i sentimenti. La rete criminale sgominata conta ben quindici isolani che continuano a riempire le conversazioni accaldate di chi si sente -orgoglio alle stelle- ischitano d.o.c.  No, non meritava tanta vergogna l’isola verde, dice qualcuno, che aggiunge dolore al dolore per la Passione di Cristo che Ischia ricorda in questi giorni con intatta tradizione secolare, forte della fede e, se non di questa, del rispetto collettivo per i riti pasquali.

S’è detto e scritto tanto dei danni all’immagine, della sacrosanta presa di posizione delle istituzioni locali che temono la pesante ricaduta di siffatta operazione delle forze dell’ordine su quell’oro isolano chiamato turismo. Parte civile per i danni all’immagine di Ischia hanno perciò decretato sindaco e amministratori. D’accordo. Ma se davvero il problema principale è il colpo mortale che la solita tivvù, che di tutto fa spettacolo, ha inferto impietosamente al mito dell’isola verde, sappiano gli ischitani che a Napoli come a Roma, ma anche a Milano come pure a Berlino la gente ha tirato un sospiro di sollievo.

Finalmente. Era ora che il traffico di droga che da anni e anni arriva ad Ischia, come del resto in tutti i luoghi di vacanza, e che vede il consumo di cocaina espanso a macchia d’olio lì sotto gli occhi di tutti, venisse radicalmente interrotto. Perchè non mi si dica che negli ultimi dieci anni nessuno si era accorto dei fiumi di polvere, peraltro a buon prezzo, che si poteva facilmente reperire intorno ai luoghi del “nuovo” divertimento. Ove alcool e cocaina dominano incontrastati le scelte di grandi e piccoli consumatori, come di adulti e giovani, talora ragazzi poco più che bambini.

Dunque, buone notizie da chi, in Italia o all’estero ama e gode da sempre ogni risvolto esclusivo dell’isola magica. La gente (i cosiddetti turisti) si sente rassicurata per il fatto stesso che qualcuno ha finalmente provveduto. E ciò può provocare solo un incremento turistico, a dispetto dei pessimisti.

Quel che poco invece si è discusso non riguarda l’immagine ma l’identità dell’isola. Ed è propiro questo che traspare tra le righe dei discorsi più accesi di quegli isolani che si confrontano con la morte nel cuore. Al di là della superficie essi sembrano chiedersi: l’identità di Ischia è ancora visibilmente rintracciabile nella serena, gioiosa e felice isola verde?  Questo è il vero dramma per qualcuno. Che negli ultimi anni non sente più odore di purezza nell’anima di Ischia.

Ed ecco immediata la riflessione dello psicoterapeuta che, dai risvolti più complessi del profondo che meriterebbero ampio spazio oltre queste righe, si limita alla domanda di rito psicologico: l’inconscio collettivo ischitano si nutre tutt’oggi delle ancestrali leccornie emotive che hanno reso gli ischitani e Ischia proverbiali depositari della gioia di vivere?  Se la risposta è sì, il cuore degli ischitani, quelli veri, ferito da quest’ultimo inedito evento, chi lo risarcisce?

La psicologia insegna che le ferite del cuore non adeguatamente curate sono solitamente generatrici di rabbia distruttiva.

 

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