L’onda lunga del clamore

La tragedia della Costa Concordia ha messo a dura prova la sensibilità di ciascuno di noi. E per questo non intendo rimarcare nuovamente quanto è stato fritto e rifritto da qualche giorno a questa parte in tutte le “padelle mediatiche” che hanno riguardato l’accaduto all’Isola del Giglio.
L’aspetto su cui intendo soffermarmi, invece, è la consuetudine dell’italiano medio (in cui anche l’ischitano si incarna alla perfezione) di scatenare il proprio spirito critico e la conseguente miriade di giudizi (spesso affrettati) solo nell’imminenza o immediatamente dopo accadimenti del genere. Gli “inchini” delle navi da crociera sono sempre stati parte integrante del traffico crocieristico del Mediterraneo (e non solo); ma la percentuale di residenti indignati e di turisti tutt’altro che pronti a impugnare tele-fotocamere, cellulari e palmari per filmarli, ha sempre rappresentato una sparuta quanto ignorata minoranza.
Per restare poi vicino casa nostra, quanti sono i cittadini isolani o i politici allarmati per il gravissimo rischio idrogeologico sull’Isola d’Ischia? Beh, prima delle tragedie di Monte Vezzi e Casamicciola, non ricordo interventi rilevanti (non dico risolutivi) al riguardo. E a parte pochi fessi (chi vi scrive e Isidoro Di Meglio tra tutti), anche dopo tali sciagure non è che vi sia stata una particolare indignazione rispetto alla totale inerzia della Regione, che ancora oggi non ha mosso un dito per la partenza dei lavori di messa in sicurezza delle zone interessate.
Tornando alla “Concordia”, mi piace ricordare che all’epoca in cui ero Assessore con il Sindaco Giuseppe Brandi, accogliemmo positivamente un suggerimento di Giovan Giuseppe Mazzella “Mizar”, accordandoci con la Costa Crociere per un “inchino” nel passaggio della loro nave nel Canale di Ischia (passaggio già previsto dalla rotta ufficiale): a poche miglia dall’Isola, l’altoparlante di bordo annunciava ai passeggeri che di lì a breve la nave avrebbe costeggiato la splendida Isola d’Ischia, e che ai canonici tre fischi della nave, il Sindaco avrebbe ricambiato il saluto a nome dell’Isola con tre colpi “in bianco” dalla Collina di San Pietro. Un messaggio pubblicitario niente male e a costo zero, che ha inorgoglito molti Ischitani presenti a bordo e ignari di tale consuetudine.
Gli effetti della notizia clamorosa, dagli esiti preferibilmente commoventi, utile a puntare il dito contro questo o quello, colpevolizzando i malcapitati protagonisti ed esaltando le azioni esemplari degli eroi (o pseudo tali) di turno, si esauriscono puntualmente nel corso di un tempo medio di decantazione, talvolta con l’adozione di provvedimenti ad effetto che nulla hanno a che vedere con l’obiettiva necessità di sicurezza mai reclamata sino a quel momento, ma rispondenti esclusivamente alla logica del “è o’popolo c’a o’vvò“.
Ora mi chiedo: può l’errore umano o la mera fatalità condizionare negativamente l’indotto derivante da un settore così importante per il turismo, come quello crocieristico? Non mi pare che dopo i disastri ecologici in Nuova Zelanda o nel Golfo del Messico (giusto per ricordarne un paio) sia stata impedita la navigazione di cargo, petroliere e altre navi di ampio cabotaggio intorno al mondo. O che qualche assessore regionale all’ambiente, tutt’altro che zelante, sia stato chiamato a pagare i danni alle famiglie Migliaccio e De Felice per i cinque morti delle frane avvenute tra il 2006 e il 2009.
Qualche esperto del momento miracolato dalla politica (sempre per avvicinarci a casa nostra) ha dissertato su presunte scelte strategiche nell’aver rinunciato da sempre alle grandi navi per affidarsi a piccole realtà crocieristiche: per intenderci, quelle che di tanto in tanto ormeggiano al largo della Mandra e che, pur non disprezzandole, poco portano all’economia ischitana. L’accostamento al gatto che, quando non può arrivare al lardo, dice che puzza, vien fuori alquanto automaticamente. Ho sempre invidiato Capri e Sorrento per la loro capacità di riuscire a intercettare la sosta e le escursioni delle più grandi navi da crociera del mondo, pur non avendo attrattive e infrastrutture superiori alle nostre (che peccato essere andati a casa un anno prima, nel 2006). Così come rimasi sbalordito quando, in crociera con la mia famiglia qualche anno fa, nell’arcipelago Turks and Caicos, approdammo con la murata di dritta della “Costa Magica” ad un pontile apparentemente inconsistente a pochi metri dalla riva e dalla superaffollata spiaggia bianca, pronto invece ad accogliere anche due navi contemporaneamente (proprio come nella foto).
Un minimo di pianificazione (e in certi casi, anche un tantino di obiettività), senza per questo dribblare le norme in materia di sicurezza, consentirebbe indubbiamente valutazioni e determinazioni più assennate. Ad Ischia, per esempio, basterebbe far sostare le navi al largo della Baia di Sant’Anna, in piena sicurezza, prendendo tutte le precauzioni utili in materia di scarichi in mare ed evitando in tal modo ogni superflua dissertazione ambientalista, senza per questo rinunciare a una nuova, inestimabile fonte di guadagno per le attività locali, sempre più provate dalla recessione incombente.
Pensare, con competenza e assennatezza, lontani dall’onda lunga del clamore, dell’emotività e del populismo, di questi tempi è dote tanto rara quanto indispensabile.
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