“Zio Ernesto”, per sempre.

Erano i primi anni ’80: io, non ancora maggiorenne, avevo già una forte attitudine alla comunicazione e, da speaker della mitica Radio Ischia, arrotondavo la mia “settimana” con la raccolta della pubblicità. Fu così che conobbi Ernesto Federico, incontrandolo nel suo negozio in Piazzetta, accanto all’ex Albergo Giusto. I capelli lievemente brizzolati, l’immancabile baffo, lo sguardo rassicurante e la sua empatia dirompente mi misero subito a confronto con una persona speciale. Anche lui fu colpito dall’intraprendenza di quel ragazzotto che gli parlava d’affari e me lo dimostrò subito, rivolgendosi a me con un affettuoso: “Vabbuon, ciaccarié!”, un appellativo che mi ha accompagnato per sempre da parte sua e che, poco dopo, scoprii essere dedicato alle persone più giovani alle quali voleva bene. Inevitabile, per me, riservargli una forma di rispetto “all’antica”: di lì a poco, cominciai a chiamarlo “Zio Ernesto”. Gli piacque!

Da allora, ogni giorno di più, si rinsaldò un rapporto d’amicizia che non teneva in minimo conto i ventinove anni di differenza tra noi; non avevo ancora aperto Deltastudio, ma Ernesto volle che mi occupassi del suo primo manifesto per i saldi, raccomandandomi di trovare una formula elegante che non penalizzasse il tono del suo negozio, perché “a’Capres è semp a’Capres”. Glielo composi con il mio vecchio Commodore SX-64 e, per stampare un 50×70, dovemmo fare col compianto Pasquale Granito due passaggi stampa, piegando a metà il foglio di carta gialla nella vecchia Heidelberg: ancora ne conservo una copia, insieme alla bobina del primo spot radiofonico inciso allo studio Smash One di Roma con voci nazionali e jingle cantato. Il suo modo di coinvolgermi –indegnamente, dico io- nei suoi progetti, nei suoi stati d’animo, nei patemi del momento mi faceva sentire importante, più grande. Non dimenticherò mai la quotidiana condivisione con lui delle preoccupazioni e delle cattiverie patite durante i lavori di ristrutturazione dell’ex Bar Italia, che diventò poi il suo fiore all’occhiello, un vero “tempio” tuttora dedicato alla donna. Poi, l’inarrestabile escalation sino ai giorni nostri: “La moda che Ti gira intorno”, pay-off coniato da Tony, descriveva alla perfezione il fenomeno-Caprese, pronto ad affrontare con puntuale acume imprenditoriale l’evoluzione di tutto ciò che è fashion in una catena di negozi (dieci) che, in pochi anni, ha conquistato ad Ischia la leadership indiscussa dell’abbigliamento di marca, senza sbagliare un colpo. Quando “La Caprese” rilevava un vecchio negozio e le impalcature ne chiudevano l’ingresso per cominciarne la ristrutturazione, tutti se ne rallegravano, convinti che come sempre gli investimenti di Ernesto (i cui capelli, intanto, si sbiancavano progressivamente) avrebbero portato alla zona un nuovo “gioiello”. Come quello –tanto per fare un esempio- dell’ex libreria Guida a Piazza degli Eroi, dove l’immancabile burocrazia ignorante (insieme ad una classe politica sempre più insipiente) gli procurarono lo smacco del sequestro ad apertura avvenuta, fortunamente durato poco. O come il punto vendita di Piazza Santa Restituta, ultimo solo cronologicamente, che gli ha consentito di riscoprire l’amore dei Lacchesi i quali, dopo averlo stimato per i suoi trascorsi calcistici da portiere, oggi erano entusiasti che “Fdrìc” era approdato con un bel negozio anche dalle loro parti.

Una vita in prima linea, quella di Ernesto Federico, vissuta per gran parte in quest’Isola mai troppo grata dei suoi sforzi, ma che certamente ha tributato il dovuto rispetto al solco commerciale che egli ha tracciato e che, non a caso, ha sempre portato il nome della terra che gli ha dato i natali. Una contraddizione che molti non si spiegano, quella de “La Caprese” ad Ischia, ma che conoscendo Ernesto, la fierezza delle sue origini e, al tempo stesso, il grande amore per Ischia (la “concorrente” dove scelse di vivere e fare impresa), ormai non fa più notizia. Per lui esisteva “La Caprese” e basta! La visibilità personale era un problema che non lo sfiorava neppure. Non a caso, credo sia uno dei pochissimi personaggi ischitani di rilievo di cui finanche Google Images, ad oggi, non può vantare neppure una fotografia.

Una lunga serie di partite vinte, insieme alla sua famiglia, che con lui ha condiviso l’impegno, le soddisfazioni e le immancabili preoccupazioni dell’essere imprenditori di successo. L’unica partita importante della sua vita, Ernesto l’ha persa contro quel maledetto “male del secolo”. Ma anche negli ultimissimi giorni, quando ho avuto con Tony il privilegio di incontrarlo e parlargli per un’oretta, il suo carisma e la sua determinazione erano quelli di sempre, pronti a combattere con grande dignità sino all’ultimo istante, con i suoi capelli ancora foltissimi ma ormai completamente bianchi.

Con lui, oggi, è andato via un tassello insostituibile della mia vita.

Ciao, Zio Erné. Ti serbo nel cuore!

Share and Enjoy:
  • FriendFeed

Commenta

Devi effettuare il login per postare il tuo commento.