Il Cittadino: piccolo (grande) elemento del Governo della Città

 

Nella speranza che molti di Voi, non avendolo fatto a suo tempo, possano leggerlo oggi dal mio sito, trovo finalmente il tempo di copiare e incollare l’articolo del mio carissimo amico Michele Rossena, dal titolo: “TEORIA SENZA AZIONE: IL MALE NAPOLETANO”, pubblicato a pag. 8 dell’edizione napoletana del quotidiano “La Repubblica” lo scorso 27 agosto. Credo che una sana riflessione sui suoi contenuti farebbe bene a tutti, specie in vista dei prossimi appuntamenti elettorali di cui non so se sarò parte attiva, ma che di certo mi vedrebbero spingere senza indugio su tali concetti. Chi mi conosce bene come Michele, infatti, sa che essi sono miei da sempre.

Ognuno di noi, in quanto cittadino, è capace di creare e promuovere concretamente azioni tendenti a trasformare la propria esistenza. Questo potenziale, più comunemente definibile libertà, implica, nell’ azione del cambiamento personale, la grande chance umana di intervenire sulla realtà. Naturalmente nei limiti e nei modi dello stile comportamentale e del potere personale. Ad onta delle scelte politiche che definiscono il contesto che ci circonda, macro o micro che sia, ognuno dunque è libero di intervenire attraverso interventi psicologici creativi e peculiari, a partire dalle azioni più banali del quotidiano. Inserire, ad esempio, un sacchetto della raccolta differenziata dell’ immondizia nell’ opportuno spazio è un’ azione al contempo di libertà e di sottoscrizione ad un sistema che intende porsi come risolutore di una grave problematica che ha catturato tempi, denaro e condizionato salute e dinamiche cittadine da anni e anni. Considero quest’ ultima scelta, se pure esemplificativa di un modo di essere, di una psicologia di vita, una vera e propria azione politica. Solitamente a Napoli si contesta molto e si producono, di contro, pochi fatti. L’ “armiamoci e andate” manifesto caratteristico di un’ ampia popolazione che ha minimizzato e spesso screditato una politica indubbiamente caratterizzata dai vuoti istituzionali, dai ritardi e dagli errori, si può considerare un sintomo psicosociale assai peggiore della stessa qualità politica ritenuta scadente. Con annessi e connessi relativi alla mentalità camorristica che ha invaso a dismisura gli spazi istituzionali. Perché quest’ ampia fetta di popolazione ha costituito essa stessa il terreno di coltura del malessere endemico cittadino. Tutta teoria e niente azioni, questa diffusa tendenza comune a tanti napoletani si è rivelata un terribile boomerang soprattutto nei momenti più difficili del governo della città. Quando il fare conta più dell’ essere. Ogni cittadino possiede in sé la possibilità di essere come è, secondo la sua peculiare natura psicologica personale, ma pure di fare concretamente. In tal senso ognuno è un frammento indiscutibilmente importante, in quanto potenziale azionista di un modo sano di vivere, della politica cittadina, per restare nel nostrano. Questo concetto realmente progressista di cittadinanza prende piede con difficoltà nella nostra realtà, più orientata verso sconti e privilegi anziché responsabilità e propulsività dell’ azione individuale. È qui che va mirato il tiro personale e collettivo per il futuro. Si tratta di prendersi la responsabilità individuale -qualunque sia il nostro ruolo nella dinamica cittadina – di combattere ciò che detestiamo attraverso una concreta pratica personale, senza distruggere indiscriminatamente con il semplicismo delle teorie. Ritengo questo un background individuale da stimolare nel contingente, ma soprattutto da preparare come humus fertilizzante nelle nuove generazioni. La scuola attualmente non insegna, o lo fa raramente, a trovare la via d’ accesso alla facoltà di distinguere ciò che è sano e giusto e ciò che non lo è. Dal personale al sociale. Non per niente la datata educazione civica – intesa più come tensione all’ insegnamento che come disciplina curriculare – ha lasciato spazi vitali ad altri modi di fare scuola assai lontani dall’ educare alla democrazia, al rispetto, alla socialità. Così domina l’ ignoranza e la deresponsabilizzazione. Occore ripristinare interistituzionalmente una collettività democratica in cui ogni cittadino possa sentirsi, nel partecipare al governo della propria vita, un piccolo (grande) elemento del governo della città.

– MICHELE ROSSENA
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Vorrei poterci credere…

Dobbiamo ritornare al grande radicamento sul territorio del ’94, ho le idee chiare sul processo di ristrutturazione e ringiovanimento del Partito!

Vorrei poterci credere, Presidente, ma mi riesce difficile. Io nel ’94 ero lì, al Suo fianco, ininterrottamente e incondizionatamente per anni e anni, fino al 2008, quando quella “classe dirigente” (nessuno si offenda) posta in Campania ai vertici regionali e provinciali del Partito mi ha convinto che era tutto tempo sprecato; che la meritocrazia, lo spazio per i giovani in politica e l’organizzazione lontana dagli schemi tradizionali erano e restavano chimere anche dopo il “predellino”.

L’avvento-Alfano segretario politico, che in qualche modo emula la struttura del PD e lo contrappone a Bersani quale futuro avversario per le prossime politiche da qui a due anni, non cambia il nocciolo della questione: il ’94, Presidente, è lontano ben diciassette anni e da allora ad oggi l’effetto-Berlusconi non è più lo stesso! La distanza dal territorio è abissale, il collegamento tra gli eletti e la gente è inesistente, la scelta dei candidati (Napoli docet) è lontana anni luce dalle legittime aspettative di chi deve scegliere!

Personalmente, da qui alle amministrative di Ischia del prossimo anno, continuerò il mio percorso da outsider fuori dai partiti: la speranza che i fatti possano smentirmi, considerato che non è la prima volta che sento questi proclami, al momento è alquanto flebile.

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Auguri, Napoli! Auguri, Napoletani!

Vivo le elezioni amministrative di Napoli in modo politicamente distaccato. Ma sotto il profilo squisitamente sociale, sono convinto che un’amministrazione comunale degna di ridare dignità a  Napoli e alla sua gente possa rappresentare, di riflesso, un elemento positivo anche per la nostra Isola.

Ecco perché, tra i candidati che a mio avviso hanno realmente chances di farcela, in prima o seconda battuta, mi auguro che vinca il migliore, prescindendo dalle appartenenze e nella speranza che, in caso di ballottaggio, ognuno resti al suo posto evitando inutili consorterie che non porterebbero, col tempo, a nulla di buono per il Paese.

Lo spero per Napoli. E anche un pò per noi!

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