“La scatola di latta”: compratelo!

Voglio innocentemente “spoilerare” la prefazione che, su gentile invito dell’autore, ho scritto per il libro “La scatola di latta” di Nicola Pettorino, presentato sabato scorso al Grand Hotel delle Terme Re Ferdinando di Ischia. Lo faccio affinché qualcuno di Voi, incuriosito, possa acquistare il libro scrivendo a nicola.pettorino@tiscali.it o visitando la pagina Facebook dell’Associazione Un granello di sabbia”.

Ricordo che il ricavato delle vendite, in memoria del nostro compianto amico Primo Celebrin, verrà devoluto alle due Associazioni a lui molto care: ISOLE D’AMORE onlus e LUCA BRANDI onlus.

Buona lettura!

L’esperienza autobiografica di Nicola Pettorino ne “La scatola di latta” mi ha coinvolto ed appassionato sin dall’invito a firmarne la prefazione. Tutto quel che riguarda la “mia” Ischia e ne parla un gran bene, diffondendone la magia e le autentiche unicità, costituisce un momento di gioia ed orgoglio al tempo stesso che va ben oltre l’amore viscerale per la propria terra, spesso messo a rischio da quella pericolosa abitudine alla bellezza che, purtroppo, caratterizza ormai moltissimi ischitani.
La “penna” dell’autore vola leggera in un vortice di racconti ed esperienze che il lettore sente facilmente proprie, perché intrise di un vissuto che potrebbe appartenere a chiunque. Diversa e, per certi versi, rara è invece la sua capacità di condire ogni singola pagina col sapore di quella sensibilità e quell’attaccamento a valori ormai in disuso nella società cosiddetta moderna, in cui egli continua a credere fermamente e che rappresentano le fondamenta del suo background formativo: amicizia, famiglia, cultura, rispetto, ricordi, amore, luoghi. Non a caso, il dubbio ingenerato dall’amico geometra Cosimo sull’opportunità o meno di vendere la sua casa natia non è altro che la migliore delle scuse per convincersi, in cuor suo, di non aver mai avuto alcuna intenzione di privarsene per sempre. Quindi, meglio ristrutturarla e tornarci a vivere!
Splendido, invece, ritrovare la propria identità nelle foto e nella grafia dello zio Giuseppe morto in guerra, proprio nel momento chiave del racconto in cui, nell’aprire la scatola di latta, il calore di quella invisibile mano sul collo diventa sempre più intenso. La stessa sensazione di Lucia, omonima della sua altrettanto sfortunata antenata e promessa sposa di Giuseppe, che alla fine incarna alla perfezione il ruolo di anima gemella scoperta dal protagonista forse un po’ troppo tardi. Meglio tardi che mai: per l’amore vero c’è sempre tempo.
Ma “La scatola di latta” è diventato anche un’occasione cara all’autore per ricordare Primo.
Primo Celebrin, avvocato ischitano, atleta, pescatore d’altura e salutista come pochi, era un carissimo amico di Nicola. E anche mio. E di tanti altri, ischitani e non, che da quel maledetto 24 luglio 2019 hanno perso l’amico ideale, quello che chiunque avrebbe desiderato di avere.
In questo libro la figura di Primo appare fugacemente, ma con quell’intensità che lascia il segno senza per questo rinunciare all’eleganza e alla discrezione che erano lo specchio stilistico del personaggio nella vita reale. Perché Primo, insieme a tanti aspetti del Suo essere e alla Sua grande preparazione da avvocato, è riuscito ad emergere con forza da un panorama umano e professionale sempre più scadente anche grazie al Suo proverbiale, inguaribile low profile. Ma sono sicuro, come quando gli dedicai un mio editoriale pochi giorni dopo la sua morte, che nonostante la Sua naturale allergia all’eccesso di visibilità, si sarebbe rivisto ben volentieri nelle pagine di questa piacevolissima opera letteraria.

 

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Un’occasione persa per tacere.

L’attuale vicesindaco d’Ischia ha rilasciato un’intervista su IL Golfo Quotidiano in cui bolla il passaggio mio e di Maria Grazia Di Scala a Fratelli d’Italia adducendo, in puro politichese, motivazioni che parlano di “spostamenti da un partito all’altro”, “convenienza del momento”, “sfruttare la corrente” o “ideologie ammazzate”.

Sono io che vivo in un’altra galassia, o questo signore è lo stesso veterocomunista resosi co-protagonista, da dieci anni a questa parte, del più grande fenomeno di trasformismo e consociativismo politico mai visto prima d’ora dalle nostre parti, quello che ha messo insieme impunemente destra sinistra e centro, alleati e avversari, guelfi e ghibellini, capuleti e montecchi, alghe e pesci, pur di restare in sella il più a lungo e solidamente possibile?

Dice di “essere concentrati ad amministrare il paese al meglio in un momento così delicato”. La mia impressione è che, come me, nessuno se ne sia accorto.

O forse sono solo i classici “fischi di paura”?

#adessoIschia

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Duc in altum, Padre Mario!

Prima di nove anni fa, con Padre Mario Lauro ci conoscevamo forse di vista e non sapevamo neppure di avere in comune la devozione per Sant’Antonio e il forte legame con la Chiesa dei Frati Minori a due passi dalla Mandra, qui ad Ischia.

Il suo arrivo come nuovo Padre Guardiano ci colse reciprocamente di sorpresa, perché bastò poco a far scoccare un rapporto di reciproca stima e una comunanza di valori impensabile, che il tempo ha consolidato e reso ancor più prezioso.

Quella di stasera sarà l’ultima messa di Mario a Sant’Antonio, prima del suo definitivo trasferimento quale Parroco di San Pasquale a Portici. Un giorno importante per me, che impone ricordi e riflessioni.

Sarò grato per sempre a Mario per la sua vicinanza e dedizione alla parte “anziana” della mia famiglia che oggi non c’è più, a cui ha sempre riconosciuto quel ruolo di “benefattrice” che nel mio piccolo, insieme a mio fratello Tony, abbiamo provato a tenere vivo, consapevoli che mai avremmo potuto pareggiare quegli autentici giganti di un’epoca irripetibile.

Ma soprattutto, mai dimenticherò l’ascolto e la dedizione da lui riservato alla mia Mamma in una fase particolarmente delicata della Sua vita, e ancor di più l’omelia ai Suoi funerali, tanto netta quanto profetica in cui, ricalcando il Suo pensiero e il Suo desiderio di sempre, fece da apripista alla quasi immediata e inaspettata riconciliazione con nostro fratello Sergio dopo quasi dieci anni da dimenticare.

A Padre Mario, col quale insieme a Catrin, a Simone e all’inseparabile e preziosa Mariaflora, abbiamo brindato domenica scorsa nel corso di una splendida giornata di mare insieme, auguro tutto il meglio nella nuova Comunità che, con l’intensità della sua presenza e della sua spiritualità, andrà senz’altro ad arricchire. Così come spero di vero cuore che anche la “nostra” Chiesa di Sant’Antonio riesca, d’ora innanzi, a tenere il passo di quelli che, senza ombra di dubbio, sono stati nove tra i suoi migliori anni di sempre.

Duc in altum, Padre Mario! E per Te che ami così tanto il mare quanto il Tuo apostolato, non sarà difficile.

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