Nato con la camicia

Le elezioni nel Comune di Casamicciola Terme dello scorso week-end rappresentavano l’occasione giusta per consentire al Paese di dire basta alla seconda delle due manifestazioni di “potere temporale” più catastrofiche della storia politica ischitana. Dopo la caduta di Domenico De Siano a Lacco Ameno e la sua uscita di scena dal Parlamento nazionale e dal coordinamento regionale del suo partito, sarebbero bastati 250 voti in meno (che, come si dice in gergo, “a ‘mmette e a ‘luà” diventano proprio cinquecento come nel distacco verificatosi) per cancellare definitivamente anche Giosi Ferrandino, che avrebbe dovuto accontentarsi di fare il consigliere di minoranza ben sapendo di non avere altra occasione, almeno nell’immediato, per assurgere a un ruolo che conta nella P.A..

Ma Giosi, lo sappiamo bene, oltre ad essere astuto e spregiudicato, è storicamente nato con la camicia! Ed ecco che stavolta i casamicciolesi non hanno saputo resistere al fascino del grande ritorno (?), facendo scattare una non meglio definita logica del male minore, mettendo da parte a suo vantaggio il buon Peppe Silvitelli sempre più offuscato/commissariato da un ingombrante Giovan Battista Castagna e consentendo a Ferrandino di tornare al timone del loro Comune, proseguendo in tal modo il suo ben preciso disegno politico-strategico.

Perché vedete, cari amici, a mio personalissimo giudizio Giosi un disegno politico ce l’ha. O almeno, io lo vedo piuttosto chiaramente: sia al Parlamento Europeo sia in Regione per lui spazio non ce ne sarà più; a Roma il Governo Meloni resterà stabile alla guida del Paese e, di conseguenza, lui punterà dritto a tornare a Ischia quanto prima, abbandonando nuovamente Casamicciola come nel 2007 alla prima occasione utile. In ogni caso, questa chance non verrà fuori (come ho sempre sostenuto) prima di novembre 2024, cioè alle soglie dei due anni, sei mesi e un giorno del secondo mandato di Enzo Ferrandino, quando anche quest’ultimo, in assenza di sbocchi diversi, dovrà decidere cosa fare da grande e valutare di dimettersi o farsi sfiduciare per puntare a una ricandidatura.

Chissà se molto presto, come già accaduto in un recente passato, molti di Voi torneranno a darmi ragione…

 

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La rotta incomprensibile
del centrosinistra italiano

Mi diverto molto a constatare, giorno dopo giorno, quanto il centrosinistra italiano non riesca in alcun modo a derogare alle proprie strategie e ai propri atteggiamenti, neppure in un momento in cui si trova nell’occhio del ciclone per le note vicende del Qatargate (ah, se i soggetti coinvolti fossero stati di centrodestra a quanto clamore avremmo assistito…) e, nondimeno, per il crollo verticale dei consensi riscontrato sia alle ultime elezioni politiche sia dagli ultimi, progressivi sondaggi dei principali istituti demoscopici.

Tutto grasso che cola per Giorgia Meloni e compagni (si fa per dire, ovviamente), che volente o nolente proseguono in un cammino sufficientemente inflessibile da fargli guadagnare sempre più punti nel gradimento popolare. Perché, che piaccia o no, di certo le decisioni del nuovo governo nazionale di centrodestra non rappresentano sempre il top della popolarità (basti pensare alla stretta sul reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia della risalita del Movimento Cinque Stelle), ma nessuno potrà imputare all’esecutivo una mancanza di coerenza o di consequenzialità rispetto a quanto sostenuto dai banchi dell’opposizione alla campagna elettorale.

E quel che più conta, a mio giudizio, è che neppure dai piani alti di Palazzo Chigi la leader di Fratelli d’Italia e prima donna premier del nostro Paese sembra aver intenzione di perdere il proprio contatto diretto con l’elettorato, sollecitato in modo costante quanto efficace da una comunicazione social immediata, chiara e puntuale su ogni argomento o decisione che la riguarda.

Quanto durerà? Non lo so, anzi, credo a lungo. Ma conta che mi piace e spero che continui a piacermi!

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“La scatola di latta”: compratelo!

Voglio innocentemente “spoilerare” la prefazione che, su gentile invito dell’autore, ho scritto per il libro “La scatola di latta” di Nicola Pettorino, presentato sabato scorso al Grand Hotel delle Terme Re Ferdinando di Ischia. Lo faccio affinché qualcuno di Voi, incuriosito, possa acquistare il libro scrivendo a nicola.pettorino@tiscali.it o visitando la pagina Facebook dell’Associazione Un granello di sabbia”.

Ricordo che il ricavato delle vendite, in memoria del nostro compianto amico Primo Celebrin, verrà devoluto alle due Associazioni a lui molto care: ISOLE D’AMORE onlus e LUCA BRANDI onlus.

Buona lettura!

L’esperienza autobiografica di Nicola Pettorino ne “La scatola di latta” mi ha coinvolto ed appassionato sin dall’invito a firmarne la prefazione. Tutto quel che riguarda la “mia” Ischia e ne parla un gran bene, diffondendone la magia e le autentiche unicità, costituisce un momento di gioia ed orgoglio al tempo stesso che va ben oltre l’amore viscerale per la propria terra, spesso messo a rischio da quella pericolosa abitudine alla bellezza che, purtroppo, caratterizza ormai moltissimi ischitani.
La “penna” dell’autore vola leggera in un vortice di racconti ed esperienze che il lettore sente facilmente proprie, perché intrise di un vissuto che potrebbe appartenere a chiunque. Diversa e, per certi versi, rara è invece la sua capacità di condire ogni singola pagina col sapore di quella sensibilità e quell’attaccamento a valori ormai in disuso nella società cosiddetta moderna, in cui egli continua a credere fermamente e che rappresentano le fondamenta del suo background formativo: amicizia, famiglia, cultura, rispetto, ricordi, amore, luoghi. Non a caso, il dubbio ingenerato dall’amico geometra Cosimo sull’opportunità o meno di vendere la sua casa natia non è altro che la migliore delle scuse per convincersi, in cuor suo, di non aver mai avuto alcuna intenzione di privarsene per sempre. Quindi, meglio ristrutturarla e tornarci a vivere!
Splendido, invece, ritrovare la propria identità nelle foto e nella grafia dello zio Giuseppe morto in guerra, proprio nel momento chiave del racconto in cui, nell’aprire la scatola di latta, il calore di quella invisibile mano sul collo diventa sempre più intenso. La stessa sensazione di Lucia, omonima della sua altrettanto sfortunata antenata e promessa sposa di Giuseppe, che alla fine incarna alla perfezione il ruolo di anima gemella scoperta dal protagonista forse un po’ troppo tardi. Meglio tardi che mai: per l’amore vero c’è sempre tempo.
Ma “La scatola di latta” è diventato anche un’occasione cara all’autore per ricordare Primo.
Primo Celebrin, avvocato ischitano, atleta, pescatore d’altura e salutista come pochi, era un carissimo amico di Nicola. E anche mio. E di tanti altri, ischitani e non, che da quel maledetto 24 luglio 2019 hanno perso l’amico ideale, quello che chiunque avrebbe desiderato di avere.
In questo libro la figura di Primo appare fugacemente, ma con quell’intensità che lascia il segno senza per questo rinunciare all’eleganza e alla discrezione che erano lo specchio stilistico del personaggio nella vita reale. Perché Primo, insieme a tanti aspetti del Suo essere e alla Sua grande preparazione da avvocato, è riuscito ad emergere con forza da un panorama umano e professionale sempre più scadente anche grazie al Suo proverbiale, inguaribile low profile. Ma sono sicuro, come quando gli dedicai un mio editoriale pochi giorni dopo la sua morte, che nonostante la Sua naturale allergia all’eccesso di visibilità, si sarebbe rivisto ben volentieri nelle pagine di questa piacevolissima opera letteraria.

 

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